Dapprima enfant prodige, adesso autentica stella del pianismo di scuola russa, Violetta Egorova è tra le più talentuose protagoniste della scena musicale internazionale. Forte del magistero didattico di Lev Naumov al Conservatorio di Mosca, vanta un curriculum di prestigio, inaugurato dalla vittoria di numerosi concorsi internazionali come il “Gina Bachauer” di Salt Lake City, il “Giovanni Battista Viotti” di Vercelli e l’”Alessandro Casagrande” di Terni. Grazie a questi riconoscimenti ha debuttato al Festival dei Due Mondi di Spoleto e, da allora, è stata acclamata protagonista di innumerevoli concerti in tutta l’Europa, l’America e l’Asia. Da sottolineare il suo impegno per la diffusione dell’opera di Rachmaninov, di cui è interprete di riferimento: dal 2013 è infatti presidente del Sergej Rachmaninov Internazional Award, un premio che viene assegnato a Mosca ai più celebrati esecutori del musicista russo.
Interamente monografico, il programma impaginato per il concerto catanese propone autentici monumenti del pianismo di Franz Schubert: di più, un autentico percorso alla scoperta dell’estetica del musicista romantico. Questo itinerario ideale, che procede a ritroso, si apre con l’ultima Sonata, in si bemolle maggiore, ultimata nel settembre del 1828, meno di due mesi prima della prematura morte del musicista, che si spegne a Vienna il 19 novembre appena trentunenne. Si tratta di una sorta di testamento spirituale, in cui l’emancipazione dal modello beethoveniano comporta l’adozione di una struttura ampia, magniloquente, dal raccoglimento liederistico, che esplora le regioni medio-gravi della tastiera in cerca di nuovi, inattingibili approdi.
Nella seconda parte della locandina ulteriormente s’indaga il superamento del calco sonatistico, che contraddistingue non solo la ricerca del ‘caratteristico’ del periodo Biedermeier, ma soprattutto l’estrema stagione schubertiana. Anche i Quattro improvvisi, op. 142, appartengono all’ultimo anno di vita del musicista e sono stati a lungo considerati come un’alternativa al modello imperante. Il terzo, che viene eseguito durante il concerto, è un Andante con cinque, virtuosistiche variazioni su un tema già utilizzato nel Quartetto in la minore e nelle musiche di scena per Rosamunde, Fürstin von Zypern. Capolavoro d’ineguagliato slancio espressivo è, infine, la Wanderer-Phantasie, vasto componimento d’impianto ciclico composto nel 1822. Deve il suo nome al tema dell’Adagio centrale, che riprende quello dell’omonimo Lied, in cui per la prima volta Schubert si confronta con la figura del Viandante: una sorta di anti-eroe di struggente malinconia byroniana, che ritornerà a campeggiare in Die Winterreise, straziante viaggio d’inverno verso un’angosciante, ineludibile solitudine esistenziale.