Orchestra e Coro dell’ente lirico catanese, sul podio Claudia Patanè, maestro del coro Luigi Petrozziello, solisti vocali Gilda Fiume, Marina Comparato, Deniz Leone e Andrea Comelli
CATANIA – Ancor più che una Mater dolorosa, lo “Stabat Mater” di Rossini scolpisce una Mater compassionis, che all’intimo strazio per il Figlio crocifisso sovrascrive generosamente la propria partecipazione alla tragedia collettiva. Tra le mirabili versioni musicali della sequenza attribuita a Jacopone da Todi, quella del Pesarese appare perciò la più sintonica con il grido di pace che lacera questa Settimana di Passione insanguinata dalla guerra. E non stupisce che la partitura rossiniana si sia rivelata in questi giorni la scelta condivisa dai maggiori teatri, dalla Scala di Milano al Massimo Bellini, che programma il capolavoro liturgico il 15 aprile (turno A, ore 20 30) e il 16 aprile (Turno B, ore 17 30), nell’ambito del recupero della stagione concertistica 2020, ripresa a pieno termine dopo l’interruzione a causa della pandemia. Non solo per gli abbonati ma per tutti gli appassionati che vorranno assistervi è questa l’offerta musicale del Venerdì e del Sabato Santo, nell’auspicio di una Pasqua che possa essere foriera di pace e perdono.
Un cast di chiara fama è impegnato nella performance. Sotto la bacchetta femminile di Claudia Patanè, direttrice di caratura internazionale, si esibiranno le pluripremiate formazioni dell’ente lirico catanese, che schiera Orchestra e Coro , quest’ultmo istruito da Luigi Petrozziello. Solisti vocali il soprano Gilda Fiume, il mezzosoprano Marina Comparato, il tenore Deniz Leone, il basso Andrea Comelli.
Lo Stabat Mater di Rossini – come l’altro illustre esempio del Requiem verdiano – è un portentoso ibrido tra musica sacra e melodramma, che fa tesoro dello stile operistico e padroneggia con altrettanta maestria la lezione della scuola polifonica italiana.
Il compositore, che si era precocemente ritirato dalla scena teatrale con il trionfo del “Guillaume Tell”, era peraltro restio a comporre uno “Stabat Mater”, ritenenendo insuperabile il subline modello di Pergolesi. Se nel 1831 cede all’insistenza di Don Manuel Fernández Varela, è a patto che il lavoro non venga pubblicato, né eseguito in pubblico. Composte le prime sei parti, Rossini si ammala e affida in segreto a Giovanni Tadolini il completamento dell’opera, che Varela fa eseguire il 5 aprile 1833, nel Convento di San Felipe el Real di Madrid. Dopo la morte del prelato spagnolo, l’editore francese Aulagnier vorrebbe procedere alla pubblicazione, ma Rossini nega ancora il consenso. Passa il tempo. Il Nostro riscrive le quattro parti affidate a Tadolini e preferisce rivolgersi all’editore Troupenas. È l’inizio della marcia trionfale del “suo” Stabat Mater, eseguito a Parigi il 7 gennaio 1842, con un cast stellare e un successo straordinario, come si conveniva a colui che è stato definito il Giove della musica. E più di altri ha saputo tradurre sul pentagramma il dolore della Madre che racchiude quello di tutte le Madri.