Capolavoro indiscusso del teatro musicale dell’Ottocento, La traviata, terzo e ultimo titolo della “trilogia popolare” di Giuseppe Verdi, ritorna sulle scene del Teatro Massimo Bellini di Catania dopo neanche un lustro dall’ultima edizione: a calcare il palcoscenico, allora come ora, è il soprano Daniela Schillaci, catanese di origine ma ormai applaudita in tutto il mondo, che così festeggia i suoi primi vent’anni di carriera. Ma è strettamente legata all’immaginario isolano anche l’intera produzione, firmata dall’argentino Mario Pontiggia, che il Teatro Massimo di Palermo ha varato appena l’anno scorso, e che celebra una delle pagine più gloriose della Belle Époque siciliana: fili di perle ed aigrettes di piume trasportano la vicenda della cortigiana parigina a Palermo, nell’età dei Basile, tra gli affreschi di Ettore De Maria Bergler e il modernariato degli arredi di Vittorio Ducrot, dove brilla incontrastato il fascino di donna Franca Florio, soprannominata “la regina di Sicilia”, “Stella d’Italia”, addirittura “l’Unica” da Gabriele D’Annunzio. Sul podio una presenza significativa quale quella di Jordi Bernàcer, da tre anni resident conductor alla San Francisco Opera, già assistente di Lorin Maazel e specialista del melodramma italiano dell’Ottocento.
Opera popolarissima nonostante i contrastati esordi al Gran Teatro La Fenice di Venezia, dove debuttò il 6 marzo 1853, La traviata è tratta da La Dame aux camélias, romanzo (1848) quindi testo teatrale (1852) di Alexandre Dumas figlio, in cui viene rievocata la vicenda, in gran parte autobiografica, della tormentata passione che aveva legato il giovanissimo scrittore francese a Marie Duplessis, leggendaria protagonista delle notti parigine, nota per la sua sfolgorante bellezza come per la morte prematura, avvenuta all’età di soli ventitré anni. Per Verdi, coinvolto e folgorato dalla creazione di Dumas, diventa l’occasione per creare un altro indimenticabile ritratto – dopo quelli del gobbo protagonista di Rigoletto e della zingara Azucena nel Trovatore – in cui la purezza dei sentimenti apertamente contrasta con la difformità fisica o con lo stato di peccato, condannato dalla morale borghese dell’epoca. Un’opportunità immediatamente colta per scardinare la sintassi dell’opera italiana, favorendo un flusso narrativo libero e inarrestabile, termometro sensibile di un amore travolgente, «croce e delizia», trepidante palpito «dell’universo intero».
Foto di Giacomo Orlando