“Hallelujah”: con il celeberrimo Messiah di Händel il Teatro Massimo Bellini rende omaggio alla Settimana Santa di Pasqua

Venerdì 7 aprile alle ore  20.30 (Turno A) e sabato 8 alle 17.30 (Turno B) per la Stagione di Concerti.
Orchestra e Coro del Teatro Massimo Bellini, direttore Marcus Bosch, maestro del coro Luigi Petrozziello, solisti Elena Verzier, Pietro Adaini, Ilaria Ribezzi, Cristian Senn

CATANIA – Nella Settimana della Passione di Cristo, il Teatro Massimo Bellini propone un capolavoro assoluto della musica sacra qual è il Messiah di  Händel, che da quasi tre secoli risuona nelle chiese e nelle sale da concerto di tutto il mondo.

Il celeberrimo oratorio del compositore tedesco, nativo di Halle, viene programmato al Bellini  nell’ambito dell stagione di concerti e prevede due esecuzioni per la vigilia e l’antivigilia di Pasqua, ovvero Venerdì Santo 7 aprile alle 20.30 (turno A) e Sabato Santo alle 17.30 (turno B).

In primo piano saranno l’Orchestra e il Coro dell’ente lirico che ospita ancora un volta artisti di chiara fama. Direttore e concertatore è Marcus Bosch, dal 2011 direttore musicale dell’Orchestra Filarmonica di Stato di Norimberga, sul podio della quale ha condotto più volte il Klassic Open Air, tra i più  importanti eventi musicali in Europa. Maestro del coro Luigi Petrozziello, solisti vocali il soprano Elisa Verzier, il tenore Pietro Adaini, il mezzosoprano Ilaria Ribezzi e il baritono Cristian Senn.

 

Era il 13 aprile del 1742 quando, alla New Music Hall di Fishamble Street di Dublino, per la prima volta risuonarono le note del Messiah, oratorio per soli, coro e orchestra, vertice della produzione sacra di Georg Friedrich Händel. Era stato incluso, infatti, in una serie di concerti organizzati da William Cavendish, duca di Devonshire, a seguito del successo arriso ad altri oratori händeliani in terra irlandese, a cominciare da L’Allegro, il Penseroso e il Moderato, eseguito nell’inverno precedente. Si trattava di un’iniziativa di beneficienza, «Per il sollievo dei Prigionieri nelle varie carceri, e per il sostegno dell’ospedale di Mercer in Stephen’s Street e della Charitable Infirmary sul Inns Quay», che doveva vedere protagonisti i cori della Cattedrale di San Patrizio e della Cattedrale di Cristo.

Al testo, composto esclusivamente da versi biblici, aveva provveduto il letterato britannico Charles Jennens, curatore della prima edizione critica di alcune opere di Shakespeare, e che per Händel aveva già scritto i libretti di altri oratori, tra cui Saul e Israel in Egypt, entrambi nel 1739. Attingendo al Book of Common Prayer of the Church of England, prezioso filtro dell’Antico e del Nuovo Testamento, l’oratorio intendeva essere «una meditazione di nostro Signore come Messia nel pensiero cristiano e nella fede», per questo eseguito prevalentemente nei tempi penitenziali dell’Avvento e della Quaresima, in vista della celebrazione della rinascita e della risurrezione.

Articolato in tre parti e più volte rivisto dal musicista (la partitura oscilla tra 47 e 53 numeri musicali, sfiorando le tre ore di durata), il Messiah costituisce il punto più alto dell’opera di fusione di tre tradizioni, da Händel stesso coltivate nel corso della sua carriera: quella della passione luterana, al quale aveva contribuito in giovane età; quella dell’oratorio barocco, conosciuto durante il soggiorno italiano; e infine la pratica dell’anthem britannico, con cui si era confrontato nella sua patria d’adozione. La solenne grandiosità dell’opera è un prodigio di straordinaria inventiva, destinata a culminare in cori memorabili, tra cui il dirompente Hallelujah, vibrante annuncio della redenzione dell’umanità.