Al Teatro Massimo Bellini sette rappresentazioni, dal 9 al 14 maggio 2023
Corpo di ballo e Solisti dell’Opera Nazionale di Bucarest.
Sul podio dell’Orchestra dell’ente lirico etneo il maestro Krastin Nastev.
Morire per amore senza uccidere l’amore. Impazzire per un dolore che ti ferma il cuore per sempre. E nonostante ciò perdonare il tradimento e ritornare in spirito per salvare chi ti ha ingannato. Può l’anima continuare ad amare tanto oltre la vita? Può la sua ombra tormentata non nutrire risentimento ma unicamente la pienezza di un sentimento invincibile? Sia o meno nel potere dell’uomo sublimare il trauma dell’abbandono, questo miracolo avviene in Giselle, apoteosi del balletto romantico, che da quasi due secoli muove e commuove la sensibilità dello spettatore, soprattutto per l’introspezione con cui il tragico assunto viene tradotto in una soggiogante sintesi di drammaturgia, danza e musica.
Merito delle geniali personalità che contribuirono alla creazione di un caposaldo del teatro musicale, a partire da Théophile Gautier, mosso dall’intento celebrare le eccelse doti della ballerina Carlotta Grisi, e autore del libretto insieme a Jules‑Henri Vernoy de Saint-Georges. Un dream team che vedeva in prima linea anche il compositore Adolphe Adam e i coreografi Jean Coralli e Jules Perrot, sul cui impianto sarebbe intervenuto, anni dopo, Marius Petipa.
Il celeberrimo titolo sarà in scena dal 9 al 14 maggio al Teatro Massimo Bellini nell’ambito di un ricco cartellone, premiato dai ripetuti sold out. L’allestimento vedrà protagonista il Balletto dell’Opera Nazionale di Bucarest, la cui lunga storia e tradizione, iniziata nel 1885, è stata istituzionalizzata negli anni Venti del Novecento. Con l’attuale direzione artistica di Alin Gheorghiu e la recente direzione del balletto assegnata a Laura Blica Toader, vanta un ensemble di quasi cento artisti di talento tra solisti e corpo di ballo.
La versione coreografica viene qui adattata dal danzatore, maestro e coreografo Mihai Babuşka, diplomato alla Scuola Accademica del Gran Teatro di Mosca, noto per la sua fedeltà alla formazione tecnica della scuola russa, a cui apporta comunque una visione aperta alle nuove tendenze. Sul podio il maestro bulgaro Krastin Nastev, bacchetta di chiara fama. Nei ruoli principali Cristina Dijmaru e Greta Nita (Giselle), Robert Enache e Valentin Stoica (Albrecht), Sergiu Dan e Vlad Toader (Hans), Rin Okuno e Molly Hall (Myrtha), chiamati ad animare la narrazione, divisa tra il primo atto di colore e il ballet blanc del secondo.
Gautier, grande scrittore e critico d’arte dell’epoca, s’ispirò per il libretto al romanzo di Heinrich Heine “De l’Allemagne”, di cui lo aveva colpito la leggenda delle Villi, gli spiriti delle fidanzate abbandonate e morte alla vigilia delle nozze, alle quali non resta che punire i traditori, costringendoli ad una danza parossistica fino alla morte. La partitura fu composta in tempo lampo da Adolphe-Charles Adam, celebrato autore di opere liriche e balletto, mentre la coreografia venne affidata a Jean Coralli. Ma i passi della prima ballerina furono creati da un altro leggendario coreografo, Jules Perrot, maestro e compagno della primadonna. La première ebbe luogo con successo clamoroso all’Opéra di Parigi il 28 giugno 1841, protagonisti la Grisi nel ruolo del titolo e Lucien Petipa, fratello di Marius, in quello di Albrecht.
Vent’anni dopo, quando la fortuna della platea d’oltralpe cominciava a scemare, Giselle approdava e trionfava nei Teatri Imperiali russi proprio nella revisione di Marius Petipa, per tornare quindi ad affermarsi in Occidente agli inizi del Novecento con i Ballets Russes.
E dunque l’ingenua Giselle, il suo amore per il principe Albrecht che crede un contadino come lei, la gelosia del guardacaccia Hylarion che svela l’inganno. Albrecht è fidanzato alla nobile Bathilde. D’amore si muore, ma Giselle, trasformata in ombra, non si vendicherà. Disubbidendo a Myrtha, regina delle Villi, ballerà con l’amato fino all’alba quando le fate malvagie perdono potere e svaniscono. Topoi come la pazzia per amore, il binomio eros e thanatos, la dimensione ossianica confluiscono nel lavoro ma non esauriscono il portato della sua lezione universale. A conferma che dietro tutte le forme d’arte e la loro perpetua rappresentazione del mondo si celano da sempre i dilemmi più profondi dell’umanità, che rimanda le risposte alla percezione più alta delle Muse. La generosa Giselle è assurta così a simbolo sempiterno dell’amore assoluto e incondizionato che vince la caducità della morte. Info: teatromassimobellini.it